Studio Legale Muzzetta
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Rapporti patrimoniali tra i coniugi
Uno degli aspetti salienti delle procedure di separazione prima e di scioglimento del vincolo matrimoniale poi, è senz’altro costituito dalla (ri)organizzazione delle risorse patrimoniali tra i coniugi e dalla gestione della situazione economico/finanziaria della famiglia.
Preliminarmente occorre chiarire che gli aspetti patrimoniali saranno gestiti in modo diverso a seconda che sia stata intrapresa la strada consensuale oppure quella giudiziale.
Nel primo caso, infatti, le condizioni che regolano i rapporti patrimoniali saranno dettate di comune accordo tra i coniugi, dopo una necessaria fase di trattative, ed il controllo del Tribunale o comunque dell’organo preposto si limiterà ad accertare la conformità delle scelte operate dai coniugi alle norme imperative o all’ordine pubblico, prima di emettere il decreto di omologa.
Nel secondo caso, invece, sarà una sentenza a regolare i nuovi rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Qualunque sia il procedimento attraverso il quale i coniugi giungeranno allo scioglimento del vincolo matrimoniale, i profili economico/patrimoniali da regolare saranno molteplici e le problematiche che ne discenderanno una pluralità indefinibile in astratto ed a priori.
Per tale motivo, è parso opportuno in questa sede trattare esclusivamente e schematicamente solo le ipotesi più comuni, con la consapevolezza che alla presenza di investimenti, situazioni creditorie o debitorie comuni tra i coniugi, comproprietà, ecc., le questioni da studiare e da considerare all’interno dello scioglimento del vincolo matrimoniale possono divenire molto più numerose e cambiare gli equilibri qui di seguito descritti.
L’aspetto che assumerà rilevanza in ogni caso riguarda il regime patrimoniale prescelto dai coniugi in costanza di matrimonio: la comunione legale oppure la separazione dei beni.
La comunione legale è il regime patrimoniale che automaticamente viene applicato nel caso in cui gli sposi, al momento della celebrazione del matrimonio, non abbiano effettuato la scelta della separazione dei beni.
Il regime patrimoniale della comunione legale comporta l’acquisizione indivisa nel patrimonio di ciascun coniuge di tutti gli acquisti compiuti dagli stessi dopo il matrimonio, insieme o separatamente, per quote uguali, con alcune importanti eccezioni, elencate analiticamente nell’articolo 179 c.c., che corrispondono alle acquisizioni per donazione o successione, ai beni strettamente personali o che servono all’attività lavorativa di un coniuge oppure a quei beni per il cui acquisto sia stato utilizzato denaro derivante dalla vendita di bei personali.
Oltre a tali beni, che entrano a far parte immediatamente della comunione legale, vi è un’altra ricchezza che entra a far parte della comunione legale solo al momento del suo scioglimento, consistente nell’attribuzione a ciascuno dei coniugi, sempre per quote uguali, dei risparmi individuali esistenti in quel momento.
Pertanto, al momento dello scioglimento della comunione legale, entrano a far parte della stessa, andando ad aggiungersi a quel patrimonio unico e comune i cui contitolari al 50% sono i coniugi, anche tutti i risparmi che non sono stati consumati al momento dello scioglimento, nonché tutti i frutti, sia naturali che civili, percepiti e non consumati.
Il momento che individua l’effettivo scioglimento della comunione legale è regolato dal nuovo disposto dell’articolo 191 c.c., così come modificato dalla Legge n. 55 del 2015, che espressamente prevede che lo scioglimento della comunione legale si verifica per effetto del provvedimento presidenziale di autorizzazione a vivere separati nella procedura giudiziale oppure per effetto della sottoscrizione del verbale dell’udienza presidenziale nella procedura di separazione consensuale.
La divisione dei beni della comunione legale tra i coniugi viene affrontata dall’articolo 194 c.c., che recita: “La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti eguali l’attivo ed il passivo.
Il Giudice, in relazione alle necessità della prole e all’affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l’usufrutto su una parte dei beni spettanti all’altro coniuge”, (articolo 194 c.c.).
Qualora il regime patrimoniale prescelto dalla famiglia sia invece stato quello della separazione dei beni, al momento dello scioglimento del vincolo matrimoniale non vi sarà alcun patrimonio comune da dividere, se non quello costituito dai beni comperati in comunione ordinaria dai coniugi, a cui saranno applicate le comuni norme di diritto civile.
Altro aspetto di primaria importanza, è costituito dall’assegnazione della casa familiare.
Il nostro ordinamento non prevede una definizione chiara della locuzione “casa familiare”, tuttavia è ormai pacifico che si debba intendere l’abitazione che ha costituito il centro di aggregazione e di unificazione della famiglia in costanza di matrimonio, ricomprendendo anche gli arredi, gli elettrodomestici, i servizi e le suppellettili ivi contenuti, eccezion fatta per i beni strettamente personali dei coniugi.
L’assegnazione della casa familiare è possibile solo in presenza di figli minori, maggiorenni portatori di handicap o incapaci o non economicamente autosufficienti, poiché la ratio sottesa a questa decisione è appunto la tutela e l’interesse della prole.
Il provvedimento di assegnazione della casa familiare non avrà luogo altresì quando il coniuge che ne avrebbe avuto il diritto coincide con l’effettivo titolare proprietario dell’immobile interessato.
Il provvedimento che assegna la casa familiare al coniuge non proprietario è opponibile ai terzi, oltrechè al coniuge proprietario, che non potrà alienare l’immobile ed incide su tutti i rapporti patrimoniali tra i coniugi, non tanto per il vantaggio del coniuge assegnatario, quanto per l’eventuale sacrificio economico a cui andrà incontro l’altro coniuge per il reperimento di un nuovo alloggio.
Da ultimo, è doveroso segnalare come il provvedimento di assegnazione della casa familiare sia revocabile nei seguenti casi: allorquando i figli abbiano raggiunto l’indipendenza economica, nel caso in cui il coniuge assegnatario abbia contratto nuovo matrimonio, oppure abbia trasferito altrove la sua residenza.
Per concludere questa breve e non esaustiva elencazione di ipotesi che possono venire ad esistenza in occasione dello scioglimento del vincolo matrimoniale, pare doveroso spendere qualche battuta sull’eventuale corresponsione di un assegno in favore di un coniuge.
La crisi del matrimonio determina una situazione peculiare in seno alla coppia e potrebbe presentarsi l’esigenza di ricalibrare gli assetti patrimoniali interni in considerazione dell’interruzione della convivenza, all’esito della separazione personale e dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio conseguente al divorzio.
Dalla crisi dell’unione coniugale, infatti, discendono conseguenze non solo di ordine personale, bensì anche di ordine patrimoniale, come disciplinato dall’articolo 156 c.c. per la separazione e dall’articolo 5 della Legge n. 898/70 con riguardo al divorzio.
In particolare, in sede di separazione è previsto un assegno di mantenimento in favore del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione e che non disponga di adeguati redditi propri.
L’entità di detto assegno di mantenimento è stabilita anche tenendo conto delle circostanze di vita e dei redditi dell’altro coniuge, a carico del quale è posta la prestazione.
In sede di divorzio, invece, i presupposti dell’assegno sono diversi e più analitici (vedi: paragrafo sul divorzio), dovendosi escludere l’identità tra le due prestazioni.
Ove ne sussistano i presupposti, dunque, il diritto al mantenimento e successivamente all’assegno divorzile, sono diritti patrimoniali che sorgono in virtù del vincolo matrimoniale, sebbene nel suo momento di evoluzione patologica.