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Il diritto di famiglia

Affidamento e mantenimento dei figli
 

Il nostro Ordinamento Giuridico, già nella Costituzione, all’articolo 30, prescrive chiaramente il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, senza distinzioni tra figli legittimi e figli nati fuori dal matrimonio. L‘articolo 316 bis c.c. fornisce poi la misura in cui tale dovere deve essere assolto, recitando: “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.”   

           

Tale obbligo rimane in essere anche quando la coppia formata dai genitori cessa di esistere.

In questi casi, si rende necessario regolamentare sia gli aspetti relativi al collocamento, all’affidamento, al diritto di visita, che quelli relativi al mantenimento dei figli minori e maggiorenni incapaci o comunque non autosufficienti economicamente.

        

Con riferimento alla questione sul collocamento e sull’affidamento, la soluzione che viene applicata nella quasi totalità dei casi, dalla riforma del diritto di famiglia, coincide con l’affido condiviso.

La Legge n. 54/2006 ha infatti introdotto un’importante riforma nel diritto di famiglia, innovando profondamente la disciplina della separazione e del divorzio sancendo princìpi che aprono la strada ad un nuovo intendere i rapporti tra genitori e figli, anche dopo la separazione.

Concetti come bigenitorialità, condivisione, corresponsabilità, codecisione, hanno finalmente mutato la dinamica dei rapporti familiari post-separazione, ponendo al centro dell’interesse i figli, i quali hanno il diritto di mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori.

Nel nuovo contesto normativo ciascun genitore deve continuare ad occuparsi dei figli e deve essere per essi un punto di riferimento costante.

La principale novità introdotta dalla Legge n. 54/2006 è il completo ribaltamento del rapporto regola/eccezione in materia di affidamento: l’affido prima definito “congiunto”, da mera opzione, peraltro scarsamente adottata in concreto, è divenuto la regola, al punto che oggi è necessaria una specifica motivazione, da riportare nel provvedimento giurisdizionale, per applicare l’affidamento esclusivo.

Il secondo comma dell’articolo 337 ter c.c. impone al Giudice di valutare “…prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori…” in modo da realizzare al meglio il diritto della prole a “…mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con i genitori…” (art. 337-ter I comma c.c.).     

Disporre l’affidamento condiviso, se da un lato consente di esercitare insieme la responsabilità genitoriale, dall’altro lascia aperta la questione della residenza della prole.

Nella maggior parte dei casi, i figli vengono materialmente collocati presso la madre, a cui, in genere, viene anche assegnata la casa familiare.

Tuttavia, a differenza di quanto accadeva in passato, oggi con l’affidamento condiviso si vuole garantire ai figli il diritto a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori e pertanto, quando il giudice decide sulla residenza dei figli, determina anche tempi e modalità per garantire la presenza degli stessi presso il genitore non collocatario. 

A tal fine si è previsto quindi che la residenza dei minori assume una rilevanza meramente anagrafica e che gli stessi devono essere domiciliati presso entrambi i genitori, con pari possibilità di frequentarli e senza un’imposizione definita a priori dei tempi da trascorrere con ciascuno.

E’ importante segnalare che le modalità di affidamento, il tempo che i figli trascorrono con il genitore non collocatario e la determinazione della residenza del minore, possono essere oggetto di accordo tra i genitori, purchè le soluzioni trovate soddisfino in ogni caso il superiore interesse dei figli, evitando così le attese di pronunce giurisdizionali sul punto.

Una volta stabilito il tempo che ciascun genitore trascorrerà con i figli, si passerà alla quantificazione del mantenimento che il genitore non collocatario dovrà versare all’altro per provvedere alle spese relative ai figli.

La forma più comune per provvedere al mantenimento dei figli è quella dell’assegno.

Il mantenimento, tuttavia, deve includere sia le spese ordinarie che le spese straordinarie.

In relazione alle prime, viene appunto corrisposto un assegno periodico, mentre per le straordinarie viene fissata la percentuale che ogni genitore dovrà sostenere allorquando queste si verificheranno.

I parametri di cui si dovrà tenere conto nel determinare l’assegno di mantenimento sono diversi.

Prima di tutto, si tratta di prendere in considerazione i bisogni dei figli ed il tenore di vita goduto da costoro durante il matrimonio o la convivenza dei genitori.

Altri elementi da valutare, saranno costituiti dal tempo trascorso dai figli con ciascun genitore, le rispettive risorse economiche dei genitori e infine i compiti di cura e aiuto domestico assolte dagli stessi.  

Nel caso in cui l’ammontare dell’assegno di mantenimento debba essere stabilito dal Tribunale a causa dell’assenza dell’accordo tra i genitori, il Giudice adito prenderà in considerazione diversi indici reddituali, al fine di determinare la capacità economica di ciascun genitore.

Tali indici, prendono in considerazione: il reddito percepito da entrambi i genitori dallo svolgimento di un’attività lavorativa; le eventuali rendite da cui i genitori possono trarre profitto (immobili, partecipazioni finanziarie, etc.); la rilevanza economica della casa coniugale, assegnata ad uno dei coniugi dal momento che l’altro coniuge deve sopportare il costo di un’altra abitazione (tale onere va considerato al fine di calcolare la somma posta a suo carico); il numero dei figli che siano a carico di ciascun coniuge.

 

Come sopra anticipato, l’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli persiste anche a seguito della maggiore età della prole.

Ai sensi dell’articolo 337 septies c.c., è disposto a loro favore, considerando tutti gli elementi del caso, un assegno periodico fin quando essi non abbiano raggiunto l’indipendenza economica e siano in grado di sostenersi autonomamente.

L’autosufficienza economica si verifica quando il figlio maggiorenne, svolga un’attività lavorativa produttiva di una fonte reddituale, tale da consentirgli di provvedere autonomamente alle proprie necessità, a prescindere dal tenore di vita goduto dal figlio in seno alla famiglia d’origine.

L’obbligo al mantenimento del figlio maggiorenne cessa altresì nel caso in cui si accerti che lo stesso sia inoccupato per sua negligenza, o sia inerte nell’intraprendere o concludere un percorso di studio. 

Una volta raggiunta l’indipendenza economica da parte del figlio maggiorenne, cessa l’obbligo al mantenimento a carico dei genitori e non può nuovamente riemergere qualora il figlio perda in seguito il reddito che consentiva l’autosostentamento.

Ciò in quanto con il raggiungimento dell’autosufficienza economica, vengono meno i presupposti necessari a richiedere il mantenimento, potendo il figlio chiedere soltanto l’adempimento dell’obbligo alimentare qualora versi in stato di bisogno.

In questa sede, appare altresì opportuno accennare a come il mantenimento della prole possa realizzarsi anche attraverso il trust, una figura giuridico/contrattuale propria del diritto anglosassone, che ha come finalità quella di far amministrare un patrimonio, ma anche un singolo bene, da un soggetto (trustee), diverso dal proprietario (disponente o settlor), nell’interesse di un terzo soggetto (beneficiario), che viene indicato dal proprietario del bene gestito.

Nel diritto di famiglia e più precisamente nel mantenimento della prole, al fine di garantire il puntuale adempimento del genitore obbligato, potrà disporsi un trust in cui vengono conferiti uno o più beni, di proprietà dell’obbligato, che il genitore collocatario della prole (trustee) amministrerà nell’interesse di quest’ultima.

Infine, occorre precisare che il mantenimento dei figli è sempre modificabile nel caso intervengano mutamenti positivi o negativi delle condizioni economiche del genitore tenuto al versamento dell’assegno.

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